"Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" Rm 5,20
Pochi mesi fa mi è capitato di ascoltare una conferenza del prof. Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La conferenza era incentrata sulla relazione che intercorre tra giustizia e misericordia, e ne ho apprezzato diversi punti, che rileverò in questo articolo, ponendoli in parallelo a due personaggi provenienti dal panorama "pop", due "eroi" dei fumetti: Devil, alias Matt Murdock, un avvocato cieco dotato di sensi affinatissimi e di un senso radar, e il Punitore, alias Frank Castle, ex marine in congedo, eroe di guerra, sterminatore di malviventi.
Perché dovrei utilizzare questi due marcantoni per riflettere su qualcosa di così serio come giustizia e misericordia? Semplicemente perché questi due personaggi riflettono come eponimi due significati profondamente diversi di giustizia. Una volta si diceva "non sono solo canzonette", ma a riguardo potremmo dire "non sono solo fumetti". Perché in questi fumetti vengono ritratti, in modo forse esagerato a volte, gli elementi del mondo reale, e possono dare voce a problemi sotterranei alla nostra cultura, dei quali nemmeno ci accorgiamo, e che forse possiamo così mettere in discussione.Il Diavolo
Devil è un personaggio a mio avviso molto interessante, non solo per la doppia vita che conduce, nè per i moventi che lo spingono ad agire (tutti topoi classici dei fumetti di supereroi), ma per una spiritualità che egli ha, e che lo ha connotato in questo modo peculiare. Devil è cattolico. Un devoto cattolico che si veste da diavolo, e suona i suoi nemici come zampogne nelle notti di Hell's Kitchen a New York. Per chi fosse interessato a un breve riassunto sulla sua personalità, e sulla sua storia, rimando alla pagina di Wikipedia su di lui.
Quello che mi interessa è che questa sua devozione,...Read the whole post...
"Il più grande tra voi sia vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato"
Mt 23,11-12
In tempo di Sabato Santo voglio riprendere un pensiero che mi ronza nella mete da un po'. Stavo riflettendo sul significato della discesa agli inferi del Cristo (una parte delle riflessioni la potete leggere qui), e ho notato un piccolo parallelo con il mito di Icaro, uno dei miei preferiti della mitologia greca. Le similitudini non sono da poco, anche se la storia finisce in modo completamente diverso.
Entrambi vivono un momento di difficoltà, l'arresto da parte delle autorità per Gesù e l'essere rinchiuso nel labirinto per Icaro. Entrambi sono condannati a morte, di croce per Gesù, di stenti per Icaro. Davanti alla condanna però l'atteggiamento dei due è diverso: Gesù accetta questo destino (Mt 26,53-54 e //), anche con difficoltà (Mt 26,39 e //). Icaro non si accontenta di essere libero invece: una volta liberato contravviene alla volontà di suo padre, e si avvicina pericolosamente al sole, causando la sua stessa morte.
Eppure mentre il destino è la morte per entrambi, Gesù attraverso la sua obbedienza a suo Padre, può essere il "primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,18), e vincere la morte, proprio il destino dal quale Icaro cerca di fuggire.
Due modelli opposti per affrontare lo stesso problema: da una parte l'obbedienza alla volontà del Padre, dall'altra l'arroganza di chi pretende di sapere da solo quale sia il proprio bene. Mentre il primo "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2,6-9), il secondo ha ricercato l'uguaglianza con gli dei, cercando di superare i suoi limiti oltre il possibile. Il primo ha vissuto la morte per intero, e proprio per questo ha potuto, e voluto, scendere agli inferi per riscattare le anime ivi prigioniere. Il secondo ha avuto così in stima le proprie capacità da dimenticarsi di essere vivo, in fondo, solo per un impasto di piume e cera.
Dicevo che il mito di Icaro è uno dei miei preferiti... Ci sarebbe da chiedersi perché visto che parlo solo male di questo povero rampollo ambizioso. In realtà, come tutti i miti, anche quello di Icaro è un monito primordiale, mentre la vicenda di Gesù è una storia di salvezza. Hanno due prospettive, e obiettivi, completamen...Read the whole post...
Introduzione
Volevo partire per la riflessione di oggi da un celebre verso del Salve Regina, antifona mariana medievale, spesso citato senza conoscerne la fonte... ... ...dov'è? ... ... ... E pensare che avrete usato questa espressione anche voi, e chissà quante volte! Alcuni, scommetto pochi, l'avranno già riconosciuta nel titolo! Quest'espressione, "valle di lacrime", a mio parere molto suggestiva, indica la realtà terrena dell'uomo, una realtà di sofferenza. Eppure, e questo sarà il tema odierno, il mondo è solo una valle di lacrime? E, filosoficamente parlando, è ontologicamente (e quindi necessariamente) una valle di lacrime? Beh questo forse è un'interrogativo che dovremmo porci con attenzione, soprattutto seguendo la riflessione di due filosofi italiani contemporanei, Augusto Del Noce e Luigi Pareyson.
La creazione come scelta: "vide che era cosa buona" (Gn 1,10)
Per Del Noce l'approccio alla realtà del male si può suddividere in due filoni principali: quello di Anassimandro, secondo il quale il male è inscritto nella realtà stessa, è quindi necessario e conseguente alla sua finitezza e imperfezione; e quello biblico, secondo il quale il male è stato introdotto nella creazione dalla libertà delle creature (in particolare con il peccato di Adamo). Se nel primo la tendenza è quella della gnosi e del rifiuto nichilistico di essa, il secondo accoglie la rivelazione ebraico-cristiana per uscire dall'impasse razionalista (che però nasconde in essa una scelta e una "fede" pre-razionale), che a ben vedere non supera il problema del male, ma semplicemente lo elude. Pareyson si inserisce, con la sua ermeneutica del cristianesimo, nel secondo filone.
Partendo dal presupposto che la realtà originaria è libertà, che l'essere è libertà, e che Dio è questa libertà originaria, per Pareyson "Dio è l'essere che ha voluto essere, e quindi è vittoria sul nulla, e ne contiene la possibilità; è scelta del bene, e quindi è vittoria sul male, e ne contiene la possibilità. Come volontà di essere e scelta del bene, cioè come positività originaria, come visto in questa sua positività, Dio contiene dunque in sé, come possibilità ab aeterno vinte e superate, il nulla e il male" (Ontologia della libertà, p. 176). Ogni scelta di Dio quin...Read the whole post...
Introduzione
Come sempre non so se sono il solo, ma a me capita spesso di imbattermi in discussioni di carattere teologico/filosofico. Forse perché, abbastanza ovviamente, ci si circonda di persone con i propri interessi. Fatto sta che una delle discussioni più gettonate sia il rifiuto della filosofia da parte di alcuni protestanti. Come vi dirò successivamente, non penso sia un rifiuto che vale per tutti i protestanti (anche perché dire "protestanti" significa tutto e nulla, date le infinite denominazioni che si rifanno alla Riforma di Lutero, Calvino ecc.ecc.). Però vale per alcuni protestanti, soprattutto i cosiddetti fondamentalisti.
Petitio principii e il senso della teologia naturale
Vedete cari amici, il motivo per cui nel cattolicesimo (ma non solo) si dà tanto valore alla teologia naturale, non è di ordine ideologico. Nè alla Chiesa Cattolica, nè a qualsiasi altro difensore dei classici argomenti sull'esistenza di Dio (ce ne sono diversi infatti che cattolici non sono), interessa affermare che la ragione umana può da sola giungere a scoprire l'esistenza di Dio, tanto per aumentare l'autostima dei filosofi, o per speculare in modo fine a sè stesso.
Alla voce petitio principii di Wikipedia come esempio classico di questa particolare fallacia viene utilizzato infatti proprio qualcosa che ci riguarda da vicino, e dal quale la teologia naturale vuole porre al sicuro: "i testi religiosi XYZ sono veri in quanto rivelati dalla divinità, che sappiamo esistere in quanto ce lo dicono in modo veritiero i testi religiosi XYZ".
Senza l'ausilio della ragione filosofica la credibilità della religione risiede unicamente nell'adesione fideistica ai testi sacri. Il passo verso il fondamentalismo sentimentalista è breve, e spesso varcato. Non è un caso infatti che oltreoceano diversi filosofi cristiani non cattolici si siano specializzati nel campo di ricerca della teologia naturale: e.g. William Lane Craig, Arvin Plantinga e Richard Swinburne, per citare i più famosi e influenti, sono tutti di estrazione acattolica (il primo è un evangelical, il secondo è calvinista, il terzo è ortodosso).
La classica avversione del prostantesimo fondamentalista (non di tutti i protestantesimi, attenzione!) nei confronti della filosofia è basata sull'accezione più estrema del principio luterano de...Read the whole post...
Irlanda, U.S.A. e la scorrettezza agli estremi
Disclaimer: Non mi pronuncerò sul merito delle unioni omosessuali, teoria gender/queer/vattelapesca. La questione è complessa e fin troppo banalizzata e estremizzata, e richiederebbe una trattazione più esaustiva e interdisciplinare. Quindi non leggete queste righe ideologizzandole: il problema che sollevo è di forma.
Recentemente la nostra società è attraversata da un dibattito sociale estremamente polarizzante, e cioè quello a riguardo delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Diversi paesi occidentali consentono questa pratica, che recentemente anche Irlanda e Stati Uniti hanno reso legale.
Il punto però è come l'hanno resa legale.
Qua in Italia siamo ormai assuefatti al bypass del Parlamento in ogni materia, tanto che non ce ne accorgiamo più: voto di fiducia e decreti legislativi sono i metodi più comuni per evitare il confronto parlamentare. Quello che non pensavo però è che fosse una pratica anche negli altri paesi occidentali.
Da Montesquieu in poi il principio della suddivisione dei poteri è stato la base dello stato di diritto, e violarlo significa: 1) dare un'altra impostazione allo stato di diritto che garantisca l'uso equo del potere da parte dello Stato, a prescindere da questa distinzione tra organi; 2) affidare ad un solo organo più poteri instaurando ipso facto (temporaneamente o stabilmente) una dittatura.
Per quel che riguarda l'Irlanda, il matrimonio civile è stato riformato previo referendum popolare, e rimando a questo ottimo articolo, per un piccolo approfondimento. Per quel che riguarda gli Stati Uniti invece, la scelta è stata della Corte Suprema.
Quali rischi comportano queste decisioni? Nel primo caso è che scelte di questo tipo, su diritti considerati fondamentali, devono prescindere dagli umori del popolo. Immaginate se si facesse un referendum ora in Italia, su una questione delicata, ad esempio, come il diritto all'asilo politico. Sinceramente, io non so che risultato potremmo ottenere, ma di sicuro sarei spaventato dalle prospettive.
Il secondo caso è l'opposto invece: mentre in numerosi stati degli U.S.A. i referendum erano contrari, la Corte Suprema ha ...Read the whole post...
L'idolatria del rischio
Cause psicologiche e spirituali della dipendenza dal gioco d'azzardo
"Dopo averlo quindi crocifisso,
si spartirono le sue vesti tirandole a sorte."
(Mt 27,35)
Introduzione
Recentemente ho avuto modo di dialogare a proposito della liceità del gioco d'azzardo, per un cristiano, con gli amici del forum di whitemetal.it. Da quella che era partita come una discussione interessante, un tarlo si è insinuato nella mente, e mi ha spinto a rifletterci un po' più a fondo, a cercare eventuali pronunciamenti magisteriali, insomma a dare una risposta più articolata, seria, documentata.
Mi sono trovato a scrivere un po' di appunti, un po' troppi per una risposta a un thread, quindi ho deciso di scrivere qui, in modo da avere lo spazio necessario per esprimermi, per evitare wall of text per gli utenti che seguivano la discussione su WhiteMetal, e per condividere con quelli che non l'hanno letta delle opinioni in merito.
Il gioco d'azzardo è un fenomeno in rapida crescita in questo periodo in Italia (e non solo), dallo scoppiare della crisi economica nel 2008 il numero di sale slot/casinò è in ascesa costante (e preoccupante), come lo sono le opzioni di gioco statalmente gestito, e seppur il gioco d'azzardo sia antico quanto l'uomo (come la dipendenza da esso), rimane un'attività dal rischio difficile da valutare, ma dal potenziale distruttivo come poche altre.
In quanto fenomeno complesso, darne uno sguardo solo psicologico, o solo spirituale, sarebbe inopportuno: si può osservare infatti il problema da più punti di vista, e trarre profitto dalle suggestioni delle diverse discipline. Inizialmente quindi ne vedremo le ragioni psicologiche, mentre in seguito faremo delle considerazioni spirituali.
1) Tentiamo la dea bendata o è lei che tenta noi?
Una delle domande più interessanti, e cruciali, di questo argomento è "perché alcuni giocatori possono giocare per anni senza diventare dipendenti, mentre ad altri ci 'cascano' subito?". Cosa spinge una persona a diventare un giocatore compulsivo?
Innanzitutto ci sono diversi tipi di giocatore, che gli studi più recenti, correlati al rischio della salute pubblica che il gioco d'azzardo comporta, classificano per liv...Read the whole post...
“Li strapperò di mano agli inferi,
li riscatterò dalla morte?
Dov'è, o morte, la tua peste?
Dov'è, o inferi, il vostro sterminio?”
Os 13,14
Introduzione
Coerentemente con il periodo pasquale, propongo come spunto di riflessione un argomento poco trattato ultimamente. Sto parlando della discesa di Gesù Cristo agli inferi, documentata nel simbolo aquileiese e apostolico come articolo di fede ortodossa, che la Chiesa ricorda nel Sabato Santo.
Quando si parla di inferno nel nostro immaginario abbiamo l'inferno dantesco, in cui i dannati che hanno rifiutato la fede in Cristo, in modi diversi, vengono puniti mediante pene e torture più o meno cruente. L'inferno è spesso considerato un luogo quasi fisico, anche se immateriale.
Eppure ci sono delle precisazioni da fare a proposito. Innanzitutto l'inferno non è un luogo per la religione cattolica, bensì è «lo stato di definitiva autoesclusione dalla comunione con Dio e con i beati» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1033). Non c'è una divisione topografica nell'aldilà.
In secondo luogo, non è di questo “inferno” che parliamo quando diciamo che Gesù è disceso agli inferi, e il grande teologo Hans Urs von Balthasar lo mise bene per iscritto nel suo capolavoro, “Teologia dei Tre Giorni” (Queriniana, 2011). L'inferno in cui è disceso Cristo è identificabile più con l'Ade della tradizione greca e lo sheol della tradizione biblica, e sarebbe «teologicamente errato proiettare il concetto neotestamentario (cristologico) dell'inferno all'indietro, nell'Antico Testamento, e porre, a partire da qui, questioni sul sabato santo che sono insolubili, perché poste in maniera sbagliata» (ibid., 153).
L'inferno cristiano sarebbe piuttosto da considerarsi «un prodotto della redenzione» (p. 155), poiché «“prima” di Cristo (dove il “prima” è preso in senso oggettivo e non cronologico) non si può dare né un “inferno”, né un “purgatorio” (di un particolare inferno dei bambini poi non sappiamo nulla), ma solo quell'Ade (che può essere diviso in una zona inferiore e in una superiore solo speculativamente, mentre rimane oscuro il rapporto fra queste due zone), dal quale Cristo “ci” ha voluto liberare mediante la sua solidarietà con i morti (in senso sia corporale che spirituale).» (p. 158).
Interessante notare come il concetto di “prima” a cui fa riferimento Balthasar non implica la...Read the whole post...
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