1. Teologia: scienza, arte o ideologia?

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    Spesso (purtoppo) parlando con dei ragazzi cattolici, ho notato che essi hanno un'idea della teologia alquanto cupa, secondo la quale la teologia conta solo in quanto ripetitrice delle idee magisteriali.
    Vale la pena quindi approfondire (per quanto possibile nelle pagine di un blog) il significato non solo del termine "teologia", ma anche i fondamenti epistemici, e il valore ecclesiale della stessa.

    1) Etimologia e riflessione

    Dal greco theos (Dio) e logos (discorso, verbo), la teologia si configura etimologicamente come "discorso su Dio". Eppure se fosse tale, sarebbe un termine manchevole: che parole sono adatte ad esprimere l'Inesprimibile? E' possibile utilizzare un linguaggio in modo da "definire" e "comprendere" Dio? La distanza ontologica tra uomo e Dio non rende il tutto molto incerto, fumoso, inarrivabile?
    Si può dare una risposta a tali domande partendo dall'esperienza religiosa: la speculazione su Dio quindi partirebbe dal modo in cui si è comunicato all'uomo, dalla Sua ri-velazione. Partendo dalla ri-velazione si contempla certo la conoscenza di Dio (ciò che Dio ha comunicato di se), ma anche la distanza da Lui, in quanto Dio rivelando se stesso, si ri-vela di nuovo, contemporaneamente si svela e si ricopre.
    A questo punto la teo-logia è discorso non solo su Dio, ma anche su come Dio si è ri-velato, e quindi intelligenza della rivelazione.

    2)Epistemologia teologica

    Arduo parlare di Dio quindi. Bisogna aspettare che si riveli personalmente. Che ci parli. Che si mostri. La teologia quindi è intelligenza dell'arbitrio di Dio? Certo che no ovviamente.
    La riflessione sul dato di fede è inserita nel discorso che Dio ha iniziato non solo con se stessi, ma con il Suo intero popolo: la Chiesa (intesa in senso etimologico delle persone chiamate da lui, non in senso ecclesiologico). Di sicuro la teologia presuppone che la persona abbia fede in Dio (e quindi sia già entrato in dialogo con Lui), ma è anche più profondamente un compito ecclesiale, in cui il singolo si mette al servizio della comunità e ne esprime il modo di vivere il rapporto con Dio.
    Come tutte le scienze anche la teologia deve partire da qualche presupposto, come tutte le scienze ha un metodo, e come tutte le scienze ha il suo campo di studi: la rivelazione.
    Non tutti quindi possono fare teologia, ma tutti in una qualche misura sono teologi: starà al singolo teologo riuscire ad esprimere in termini precisi, puntuali, e razionali la fede che la comunità vive.

    3) Teologia o ideologia?

    Il lavoro dei teologi quindi, in quanto legati alla comunità ecclesiale, viene spesso visto come semplice ripetizione del catechismo. Ciò è alquanto svilente però!
    Se la teologia è intelligenza, e quindi speculazione razionale, del dato di fede, allora il compito del teologo non potrà essere semplicemente quello di ripetere, ma sarà casomai quello di ricompre...

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    Last Post by Sesbassar il 20 Dec. 2010
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  2. Transumanesimo: nuovo umanesimo o dittatura delle macchine?

    AvatarBy Sesbassar il 9 Nov. 2010
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    Cos'è il transumanesimo? Per rispondere a questa domanda si può leggere alla voce "transumanesimo" su Wikipedia, oppure leggere il manifesto dei transumanisti.
    Si puà riassumere il transumanesimo in una frase, presa in prestito dal manifesto suddetto: "L’idea cardine del transumanesimo può essere riassunta in una formula: è possibile ed auspicabile passare da una fase di evoluzione cieca ad una fase di evoluzione autodiretta consapevole.".
    Cosa si intende però per "evoluzione consapevole"?
    Sempre il loro manifesto ci viene in aiuto: "Per noi, nietzscheanamente, l’uomo è qualcosa che dev’essere superato: l'uomo può cambiare se stesso ed il mondo, può assumere il proprio destino impugnando la tecnoscienza, invece di rimettersi alla fede e alla provvidenza."

    Bene, abbiamo già un'idea di cosa può essere il transumanesimo: un percorso (per lo più ateo/agnostico se non antiteista), che vuole portare l'uomo ad essere del tutto padrone del suo futuro. Niente di più giusto? Niente di più auspicabile? O no?
    Il transumanesimo rigetta a prima vista l'eugenetica nazista, come ogni eugenetica, la definisce "una risposta primitiva e brutale", rispetto a ciò che si può raggiungere ora grazie alle tecnoscienze. Ora? Nel futuro?

    Ebbene allo stato attuale del sapere non è possibile trascrivere le proprie conoscenze all'interno di un computer, se non facendo come me: ovvero scrivendole attivamente. Ma il trasmettere la propria coscienza all'interno di un chip, o di un qualsiasi supporto tecnologico è lontano dalla nostra possibilità.
    E ancora: cosa ci assicura che una volta trasferita, la nostra mente rimarrà la stessa? Cosa ci assicura che continuerà a persistere?

    Parlando tempo addietro con un filosofo ateo, egli mi disse (materialisticamente) "noi siamo il nostro corpo". Non esiste altro, niente di eccepibile: è un materialista.
    Eppure vi è qualcosa di vero in questa affermazione (che io ritengo eccessivamente escludente per essere del tutto vera): ed è che le nostre strutture cognitive, il nostro modo di pensare, le nostre emozioni, sono condizionate anche da come il nostro corpo è costituito.
    A chi non è capitato di guardarsi allo specchio e di pensare: "come vorrei essere perfetto"? Eppure si è ciò che si è anche perchè si è il corpo che si è.
    Chi vuole a tutti i costi cambiare se stesso così radicalmente da non riconoscersi più? Chi è soddisfatto del proprio corpo non ne ha motivo. Nonostante i limiti strutturali del nostro corpo, vi sono molte persone che non si pongono nemmeno tale problema (hanno ben altro a cui pensare). Quindi è così vero che il progresso umano passerà attraverso la cyborghizzazione dell'uomo?...

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    Last Post by Sesbassar il 27 Nov. 2010
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  3. II Guerra Mondiale e Santa Sede

    AvatarBy Sesbassar il 9 Sep. 2010
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    www.zenit.org/rssitalian-21877

    http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/...-Pio-XII/75229/

    Non è certo notizia fresca, ma è bene rendere noto che la Santa Sede ha reso disponibili pubblicamente i documenti relativi alla sua azione durante il periodo della II Guerra Mondiale.
    Sono disponibili su formato .pdf qui.

    Speriamo che la lettura di tali documenti possa risolvere alcune questioni pendenti circa il ruolo storico della Curia romana.
    Last Post by Sesbassar il 9 Sep. 2010
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  4. L'arte: una forma di teologia naturale?

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    Tanti artisti hanno solcato la terra del nostro pianeta. Alcuni hanno raggiunto una fama mondiale in vita, altri hanno dovuto aspettare la morte. Alcuni mecenati lungimiranti hanno finanziato artisti che hanno composto pezzi di storia dell'umanità, lasciandoci dei frammenti incomparabili di grandezza non solo artistica, ma anche spirituale. Come dimenticare che Bach firmava le sue partiture "soli Deo gloria"?
    L'arte ha un potenziale espressivo ineguaglibile, se attinge dal deposito di emozioni universali, che appartengono ad ogni uomo e donna che abbia vissuto e che vive. Per la sua capacità di essere a suo modo oggettiva, anche l'arte è una forma di conoscenza della Verità, e del Dio che si propone come la Verità.
    Certo, l'oggettività dell'arte non è un'oggettività scientifica, ma chi non prova angoscia osservando (non solo vedendo di sfuggita) l'"Urlo" di Munch?
    E' a questo livello che si situa l'oggettività dell'arte, al livello delle emozioni che riesce a suscitare: diverse modalità di espressione per ogni essere umano, ma medesime sensazioni.
    Come l'essere umano riesce a rimanere basito di fronte alle meraviglie della natura, che lascerebbero interdetta ogni persona sufficientemente attenta a cosa sta osservando, e come tale natura ha una sua sacramentalità (in quanto segno visibile creato della realtà invisibile increata), anche l'arte ha il suo potenziale sacramentale.
    Il popolo ebraico lo aveva ben capito, quando suonava e cantava i suoi inni e salmi al Tempio. Il cristianesimo ha attinto da questa tradizione, e l'ha riproposta a suo modo.
    Perchè ha sempre avuto chiaro, anche se forse a livello inconscio, che è il Cristo Cosmico (tanto caro a Teilhard de Chardin, e Raimon Panikkar) a rivelarsi attraverso alla natura creata, perchè mediante Lui (il Verbo divino, il Logos giovanneo) tutte le cose sono state (e sono) create.
    Lo stesso sentimento di meraviglia e stupore suscitato da un panorama mozzafiato, è suscitato da un'opera d'arte composta volendo esprimere l'"universale", ciò-che-appartiene-a-tutti-noi, ed è altrettanto intimamente connessa all'aletheia che i filosofi occidentali ricercano incessantemente da più di 2500 anni.
    Quanto però stimoliamo i giovani artisti alla ricerca dell'universale? Non è la nostra era talmente individualista da portare l'artista a ricercare soltanto il godimento personale nel compiere la sua opera, piuttosto che la ricerca dentro di sè di ciò che è di, e per, tutti?
    Negli istituti d'arte, e nelle accademie viene insegnata l'introspezione? Quella stessa introspezione che ci dà uno sguardo che riesce a penetrare il futile e giungere all'essenziale?
    La vera povertà culturale che stiamo attraversando non è una povertà di talento artistico, ma è la povertà della disponibilità a mettere tale talento a disposizione di tutti, per poter far vivere l'e...

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    Last Post by Sesbassar il 17 May 2010
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  5. Perchè è importante sviluppare una coscienza critica?
    La differenza tra criticità e polemica

    AvatarBy Sesbassar il 26 Mar. 2010
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    Basta accendere un televisore e sintonizzarsi su un qualsiasi canale che stia trasmettendo un talk-show. Basta questo per rendersi conto che molto spesso le persone che intervengono nel dibattito televisivo hanno una preparazione sull'argomento che si sta trattando pari o inferiore a quella che possiamo avere noi. Molto spesso vengono chiamate persone senza alcuna qualificazione (che non sia la loro assidua presenza in alcuni programmi televisivi) a parlare di temi molto importanti, svilendo i contenuti che spesso meriterebbero tutt'altra trattazione, abbassando il livello del dialogo alla chiacchera da bar. E detto così può sembrare un insulto verso le chiaccherate fatte al bar con gli amici (che invece molto spesso sono più che seriamente argomentate).
    Certo, si obietterà, al produttore televisivo non interessa la fondatezza delle opinioni dei partecipanti, interessa lo share. E quindi se il calciatore o il comico (che non hanno competenze specifiche) alzano l'auditel sono da preferirsi allo scienziato, al filosofo, al teologo, che invece hanno anni di studi accademici e di notti spese studiando alle spalle.
    Questo è deleterio non solo per il degrado della televisione (che si motiva, astutamente, dicendo che "è quello che vuole il pubblico") che ormai sembra irreversibile, ma anche per il messaggio pedagogicamente insostenibile che tali programmi insinuano nelle nostre menti tele-dipendenti. Questa mancanza di serietà si riflette poi anche nelle discussioni degli svariati forum disseminati su internet, dove si spacciano per veri fatti solo presunti, e si parla con pressapochismo e approssimazioni di temi che invece avrebbero bisogno di anni di studi per poterne venire a capo.
    Assuefatti alla tele-ignoranza, anche se ci troviamo di fronte ad una miniera di informazioni come il web non riusciamo a venire a capo delle notizie che rimbalzano da sito a sito e da blog a blog, e creiamo confusione, prestando poca attenzione e spacciando opinioni relative per verità assolute (compreso quello che sto scrivendo).
    Quello che manca non è l'informazione: tanto si parla dei telegiornali che non informano abbastanza circa i particolari scottanti della vita privata del premier di turno, o delle condizioni in cui versa l'economia. E spesso ci dimentichiamo che anche quando tali notizie (e altre ancora più preoccupanti) ci vengono proposte, non facciamo altro che ignorarle. Volete mettere con Busi che viene lanciato fuori dall'isola?
    Di informazioni ne abbiamo quante ne vogliamo. E' un'altra la nostra mancanza.
    Non sappiamo infatti riorganizzare le nostre informazioni, non le sappiamo vagliare: molto più spesso di quanto vorremmo ammettere, le accettiamo acriticamente, le prendiamo per oro colato (solo perchè le ha dette il comico-che-parla-di-politica-a-profusione), e non le verifichiamo (per quanto ci è possibile ovviamente).
    Citerò un triste fatto a supporto della mia tesi, che servità a far capir...

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    Last Post by Sesbassar il 26 Mar. 2010
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  6. Islam e integrazione?

    AvatarBy Sesbassar il 6 Mar. 2010
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    A 9 anni dall’attentato alle Torri Gemelle, i problemi con la religione musulmana non sembrano accennare a diminuire. L'evento tragico dell'11 settembre 2001 ha preoccupato molti, e si è visto con diffidenza a tutto l'Islam, a causa delle frange estremiste. Nei paesi occidentali (e soprattutto nei paesi come Francia, Germania, Italia, in cui gli immigrati di fede musulmana giungono numerosi) si è venuta a verificare un’emergenza integrativa (spesso per la paura post-11 settembre): come affrontare la situazione?

    Certo, l’Europa non si definisce più cristiana: spesso l’eredità lasciata dal cristianesimo, nonostante sia culturalmente, socialmente e anche scientificamente, imponente, viene considerata imbarazzante; qualcosa di cui liberarsi al più presto, come un cancro da estirpare.
    Eppure l’integrazione degli immigrati musulmani nella nostra Europa scristianizzata passa proprio, paradossalmente, in quella che è la sua radice storica evidente: il cristianesimo.
    Hans Kung ha detto: non c’è pace fra le nazioni se non c’è pace fra le religioni, e non c’è pace fra le religioni se non c’è dialogo fra le religioni. Mi sento di condividere pienamente questa affermazione del teologo svizzero.
    E’ innegabile infatti quanto la religione cristiana (di ogni denominazione) influenzi ancora l’opinione pubblica: scristianizzati fino al midollo continuiamo a mantenere il matrimonio monogamico nelle nostre legislazioni. Senza contare il peso che hanno le diverse confessioni cristiane in materia di bioetica (indipendentemente da come si consideri questo “peso”, esso esiste).
    Insomma pare proprio che se una persona decide di venire ad abitare in Europa non può non fare i conti con una cultura diversa di impronta cristiana: lo shock può essere forte, e portare anche a derive autoghettizanti.
    A maggior ragione quindi bisogna puntare tutto su un dialogo, che deve essere innanzitutto “rispetto per l’altrui soggettività” (H. Waldenfels), e che deve verificarsi molto prima di ingenti immigrazioni.
    A mio modesto parere il dialogo cristianesimo-islam ha infatti una forte portata sociale: se l’immigrato viene messo a conoscenza della cultura nella quale si sta stabilendo e l’autoctono conosce la cultura di provenienza dell’immigrato, egli fa molta meno fatica ad integrarsi serenamente, e l’autoctono fa molta meno fatica ad apprezzare quelle che altrimenti gli parrebbero solo delle “stranezze”, o peggio “superstizioni”.
    La “pace” tra Cristianesimo e Islam, ha pertanto una portata molto più ampia che non la sola portata religiosa: Kung lo rileva con acume, la pace tra religioni aiuta la pace tra le nazioni (e quindi tra le diverse culture rappresentate da e in quelle nazioni).
    La Chiesa Cattolica ha capito questo problema più di 40 anni fa: nella dichiarazione Nostra Aetate (n.3) il Concilio Vaticano II afferma che la Chiesa guarda ai Musulmani con “stima”. Il Concilio esorta inoltre a “dimenticare il passato e a esercitare sinceramente ...

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    Last Post by Sesbassar il 6 Mar. 2010
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  7. La tristezza della società dei consumi

    AvatarBy Sesbassar il 21 Feb. 2010
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    Il titolo è già abbastanza eloquente di per sè. Non viviamo in una società che mercantizza tutto? Nessun moralismo: solo la cruda verità. E il problema non è solo internazionale (il che dovrebbe già farci preoccupare abbastanza), il problema è la vita comune, di ogni giorno, che questa situazione internazionale ha generato.
    I pontefici, dopo il crollo dell'URSS, hanno incominciato a tuonare (più che giustamente) contro questa società edonista, e infantilmente materialista. Un ateismo pratico tipico delle persone che già Nietzsche disprezzava: gli "atei" allegri, coloro che hanno ucciso Dio ma non si rendono conto di ciò che hanno fatto. E in questa definizione rientriamo tutti. Atei, cristiani, diversamente credenti.
    Non siamo riusciti a tenere il passo dell'esclusione di Dio dalla vita dell'uomo. Questo potrebbe essere un segno: è forse così vero che l'ateismo è il destino dell'occidente (profetizzato da Feuerbach e Marx)?
    Viviamo "senza" Dio, e questo lo facciamo tutti, e i risultati si fanno sentire.
    La povertà spirituale tipica dell'uomo post-moderno (sempre che questa definizione voglia dire qualcosa): persino i grandi atei del passato erano persone con una grande vita intellettuale, che sfociava in una spiritualità laica (basta leggere alcuni passi di Feuerbach: sembrano i pensieri di un mistico) di grande valore (anche se poi noi ce ne distanziamo in quanto credenti).

    Cosa abbiamo in meno?
    Più che altro cosa abbiamo in più: il nostro Occidente ha fin troppe "cose".
    Queste "cose" a cui siamo abituati, il possesso che siamo abituati ad esercitare, ci spingono a cosificare anche coloro che cose non sono. Da qui giungono tutte le perversioni tipiche del nostro tempo: l'abbandono degli anziani, degli emarginati, degli oppressi, degli stranieri. Tutti sono stranieri al nostro ego gonfiato come un pallone aerostatico.
    Abituati a possedere, e disabituati a conoscere, assuefatti a televisori e cellulari di ultima generazione eppure incapaci a godere delle stagioni che passano.
    Siamo proprio peggio di un tempo? Si stava meglio quando si stava peggio?
    Nessun stupido luogo comune: ogni era ha i suoi pregi e i suoi difetti. Il grande difetto della nostra era è che siamo così coscienti del nostro vuoto esistenziale, che non riusciamo a colmarlo con le cose che compriamo: e non capiamo che l'errore è proprio cercare di colmarlo quel vuoto.
    Questa nostra mancanza è dovuta a una adolescenza spirituale che tarda a maturare: percepiamo tanto che non possiamo essere Dio perchè le profezie nietzschiane circa l'oltreuomo non si sono avverate, come non si sono avverate le profezie marxiste.
    La distanza ontologica che ci pesa così tanto ammettere è proprio ciò che non possiamo colmare da soli.

    Purtroppo chi avrebbe dovuto annunciare l'evangelo è spesso stato trovato mancante: è proprio il Dio-con-noi, l'Emmanuele, Gesù C...

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    Last Post by Sesbassar il 21 Feb. 2010
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  8. Laicità e religione a scuola?

    AvatarBy Sesbassar il 2 Feb. 2010
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    Visto e considerato che molto spesso si leggono stupidaggini, su quotidiani o su siti internet, circa la natura dell'insegnamento della religione cattolica (da ora IRC) a scuola è bene fare qualche chiarimento, di ordine teorico e di ordine giuridico.
    Partiamo dal positum, e quindi dalle leggi.
    Nel 1929 lo Stato Italiano e la Santa Sede stipularono un concordato, per superare il momento di ostilità fra i due dovuto all'occupazione da parte dello Stato di territori che appartenevano alla Santa Sede (il precedente Stato Pontificio).
    Oltre ogni retorica risorgimentale essa è un'occupazione come tutte le altre, e come a tutti i paesi occupati anche alla Santa Sede non faceva piacere veder usurpato ciò che appartenne ad Ella da secoli.
    Tale Concordato voleva sanare questa situazione di diffidenza. Fu con esso che l'ora di religione entrò nelle scuole italiane, come fondamento e coronamento delle altre discipline. Era inteso come catechesi di Stato: lo Stato Italiano non era aconfessionale, ma già dallo Statuto Albertino la religione cattolica era religione di stato.
    Con la Costituzione del 1948 e con il Concilio Vaticano II diverse cose cambiarono: lo Stato Italiano si dichiarava aconfessionale, e rendeva lecito il culto pubblico delle diverse religioni (con cui previamente aveva stipulato un'Intesa), e la Chiesa Cattolica riconosceva il valore della libertà religiosa.
    Urgeva il bisogno di una riforma, che giunse nel 1984.
    Pertanto andiamo a leggere cosa stipula questa riforma:

    Riforma del 1984
    art. 9 comma 2. La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.

    Lo Stato Italiano è laico, aconfessionale, ma non anti-confessionale. Riconosce il valore dell'esperienza religiosa, come riconosce il patrimonio storico/culturale/morale da cui Esso deriva.
    L'IRC non è più configurata come catechesi, bensì come un insegnamento curricolare: conoscere il cattolicesimo serve alla persona/studente, per capire meglio l'Italia.
    Solo un pazzo (o una persona gravemente influenzata ideologicamente) potrebbe dire il contrario: basta dare una scorsa ad un'antologia di testi in italiano (Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Alessando Manzoni), o farsi una camminata per un qualunque...

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    Last Post by Sesbassar il 2 Feb. 2010
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  9. Parlare di Dio?

    AvatarBy Sesbassar il 31 Jan. 2010
    +1   -1    0 Comments   731 Views
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    Molto spesso, capita di leggere, nei libri di filosofia o anche in semplici articoli di giornale (o nelle critiche degli amici!), che il nostro parlare di Dio in fondo è inappropriato. Non è forse esso un linguaggio umano, che non può pretendere di inquadrare Dio negli schemi umani?
    Bene, innanzitutto è un presupposto infondato dire che il nostro linguaggio sia inappropriato (in assoluto): poichè se io so che il mio linguaggio non può pretendere di definire Dio in tutto e per tutto, so quanto mi basta per evitare di assolutizzare il mio linguaggio. Se infatti il linguaggio segue la sua funzione primaria, cioè esprimere dei concetti, allora io mi preoccuperò maggiormente di giungere (con la persona con cui dialogo) ad una comprensione di essi, non delle parole che uso per esprimerli (le quali possono cambiare: basta oltrepassare i confini e la sedia su cui sono seduto cambia e diventa chaise o Stuhl).
    Purificato il linguaggio da ogni tentazione assolutista, possiamo parlare comunque di Dio?
    Le esperienze religiose continuamente ci dicono che ciò che Dio è, eccede ciò che noi possiamo pensare di Lui. Vi è sempre una relazione che Dio instaura con l'uomo nelle diverse religioni, e questa relazione è rivelazione all'uomo dell'essenza di Dio. Le religioni presenti al mondo affermano con la loro stessa esistenza che il Dio dei filosofi (quello a cui si può giungere con il solo lume della ragione) non è sufficiente: invero un tale Dio non è altro che il risultato del ragionamento umano. Egli è in parte "figlio" dell'uomo, e della sua ragione: il Dio diventa quindi la ragione umana.
    Permettete un'analogia: sarebbe come se giungessimo a conoscere l'anatomia di Dio, ma non i suoi fini, il suo pensiero; insomma come Lui è. Non chi Lui è.
    Come fedeli diciamo un sonoro no al razionalismo (comprensione di Dio con la sola ragione), ma con questo intendiamo forse assumere il primato indiscusso e assolutizzante della fede (che diventa cieca)?
    Nel modo più assoluto: no.
    Una fede che rinunci all'opera della ragione presenta tutti i difetti che nel mondo contemporaneo si attribuiscono alle religioni: assolutismo, fondamentalismo, integralismo, fanatismo.
    Se la fede è il risultato del rapporto rivelativo che Dio (qualsiasi Dio) ha con noi, la ragione è lo strumento per la mediazione di questo assoluto, che (a maggior ragione in una religione che ha come fonte della rivelazione un Dio che si presenta come amore gratuito) è indispensabile per dialogare con chi non la condivide.
    Una fede che rinunci all'indagine della ragione rischia di scadere in pratiche superstiziose: sarà l'intelletto dell'uomo a fargli discernere cosa è rivelazione di Dio e cosa è paura dell'uomo. Per tale motivo la Chiesa Cattolica ha insistito, e insiste, sul connubio tra fede e ragione, e sull'importanza dell'usare rettamente la ragione umana (senza pregiudizi e ...

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    Last Post by Sesbassar il 31 Jan. 2010
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  10. Evoluzione o Genesi?

    AvatarBy Sesbassar il 30 Jan. 2010
    +1   -1    0 Comments   120 Views
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    Ad oggi molte anime si chiedono quale sia il posto dei racconti della Creazione di Genesi, ai capitoli 1-3. Questo perchè, secondo una idea diffusa, la teoria dell'evoluzione di Charles Darwin avrebbe smentito la storicità di ciò che è avvenuto agli albori della nascita del genere umano.
    Bisogna fare qualche distinzione inizialmente:
    1. La teoria dell'evoluzione è, come tutte le teorie scientifiche, l'ipotesi più probabile, a partire dai dati empirici ritrovati nel corso di un secolo e mezzo, che riesca a rendere ragione dell'esistenza biologica dell'essere umano come lo conosciamo oggi. Di per sè (come cercherò di dimostrare) non è il conflitto, nè con la dottrina della Chiesa, nè con gli scritti di Genesi.
    2. L'evoluzionismo è invece una indebita trasposizione della teoria scientifica dell'evoluzione sul piano metafisico. Tale errore è epistemologico: se infatti la metafisica si propone come scienza che ricerca la verità incontrovertibile, essa non può basarsi su una teoria scientifica (che come Popper ci insegna è invece fallibile e pronta al cambiamento se non allo stravolgimento). Così come il caso è il motore dell'evoluzione genetica, il caso diventa il motore metafisico dell'intero universo. Che poi tale visione sia in contrasto con il metodo scientifico stesso (il quale invece è nato per ricercare le cause, non per abbandonarsi fatalisticamente al caso) questa è un'altra contraddizione insolubile.

    Cosa ha detto la Chiesa nel corso del tempo circa la teoria dell'evoluzione di C. Darwin? Andiamo a leggere i documenti che ne parlano (direttamente o indirettamente):


    Pontificia Commissione Biblica, 1909, Sul carattere storico dei primi tre capitoli della Genesi:
    II. Nonostante il carattere e il genere storico del libro della Genesi, il particolare legame dei primi tre capitoli tra essi e con i capitoli seguenti, la molteplice testimonianza delle Scritture, tanto dell'Antico che del Nuovo Testamento, il pensiero quasi unanime dei Padri e l'opinione tradizionale, trasmessa dal popolo di Israele e sempre mantenuta dalla Chiesa, si può insegnare che questi primi tre capitoli della Genesi contengono non narrazioni di avvenimenti veramente accaduti, cioè rispondenti alla realtà oggettiva e alla verità storica, ma contengono o favole ricavate da mitologie e cosmogonie di antichi popoli e adattate dall'autore sacro alla dottrina monoteistica grazie all'eliminazione di ogni errore politeistico, o allegorie e simboli senza alcun fondamento nella realtà oggettiva, proposti sotto forma di storia per inculcare verità religiose e filosofiche, o, infine, leggende in parte storiche e in parte fittizie composte liberamente per l'istruzione e l'edificazione degli spiriti?

    Risposta: No per entrambe le parti.

    Pontificia Commissione Biblica, 1948, Le fonti del pentateuco e il genere letterario de...

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    Last Post by Sesbassar il 30 Jan. 2010
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