1. La Parola dietro le parole

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    «Dio è in queste chiavi e tonalità»
    Machine Head, Darkness Within


    Partiamo da questo verso per iniziare la nostra riflessione. Che la musica per la nostra cultura ebraico-cristiana sia una forma di teologia possiamo dedurlo dal fatto che nella stessa Scrittura è presente un intero libro composto di soli canti (con tanto di indicazioni per i musicisti!).
    Da tempo immemore il popolo ebraico ha cantato il proprio rapporto con il Signore, e nel cristianesimo abbiamo attinto da questa storia facendo del canto una delle forme artistiche che vengono utilizzate durante le celebrazioni.
    Quello che più mi preme notare è però come anche nelle parole profane si nasconda una voce che può stimolare alla fede, e qui la citazione che ho scelto è più che adatta: nella canzone dalla quale è stata tratta non ha il significato che le sto dando io ora, poiché nella canzone si parla della musica come salvatrice. Io invece uso questa citazione per portarla a sostegno del fatto che il Salvatore si mostra nella musica.
    Non è un caso che i Machine Head riconoscano nella musica una funzione salvifica, e a mio modo di vedere se la musica ha tale funzione è proprio perché in essa si nasconde un messaggio di bellezza, armonia, elevazione spirituale, che arriva dritto alla nostra coscienza partendo proprio dalla immensa sorgente creativa che è il Creatore.
    «La fede cristiana non si accontenta del dejà vu, di quanto d’ovvio e scontato si respira negli ambienti religiosi. È capacità di vedere oltre, di andare oltre» dice Adolfo Russo, centrando, a mio modo di vedere il cuore della questione: essere cristiani non significa far parte di movimenti/partiti/associazioni che hanno la preoccupazione di dimostrare di essere cristiane, bensì è dare uno sguardo sempre nuovo al mondo.
    È tale “sguardo” che permette di re-interpretare in modo religioso delle parole altrimenti profane: perché in tale “profanità” (non profanazione eh!) si riconosce invece una profonda religiosità. Profonda perché se la “profanità” attinge da ciò che è più propriamente umano, non può non toccare ciò che è universale, e non può non giungere alla Sorgente. Teniamo conto che un altro intero libro della Bibbia è stato riconosciuto come ispirato, eppure non nomina mai Dio, il Cantico dei Cantici. Dire però che in quel libro non si parla mai di Dio sarebbe un’affermazione ben più temeraria, e indifendibile.
    Se possiamo “vedere oltre” all’apparenza possiamo vedere in queste parole (o suoni) la Parola di Chi ci interpella attraverso il nostro simile, e ci chiede di rivedere continuamente l’idea che abbiamo di lui, di noi, e di Lui.

    L’Apostolo rimprovera ai pagani (passatemi il termine generico) proprio di non aver saputo cogliere ciò che c’è di divino nella creazione, senza confonderla con il Creatore: «ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manife...

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    Last Post by Sesbassar il 4 July 2013
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