1. Un'altra prospettiva sull'argomento cosmologico
    Bontadini e il superamento di Hume

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    Introduzione



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    Tempo fa ho scritto brevemente sulla validità e utilità della teologia naturale, cioè su quella disciplina del pensiero che, cercando il senso e fondamento della realtà diveniente, giunge ad affermare, attraverso diversi argomenti, l'esistenza di una causa prima, ultima, incausata, atemporale, immutabile, e a identificarla con il Dio dei principali monoteismi (per quelli che sono i tratti comuni del Dio di questi teismi). Oggi vorrei approfondire un aspetto di questa disciplina, per quanto è possibile approfondirlo in un articolo su un blog, partendo da qualche domanda suscitatami da alcune critiche comuni alla teologia naturale.
    Leggendo il capitolo dedicato all'argomento cosmologico nella “Philosophy of Religion – An introduction” di William Rowe, mi sono imbattuto su una critica che l'autore fa dell'argomento, e cioè che esso sta e cade con l'accettazione o meno del “principio di ragion sufficiente” (abbr. PRS), il principio (formulato più compiutamente da Gottfried Leibniz) secondo cui ogni ente contingente deve avere una ragione sufficiente (e quindi una causa) che ne spieghi l'esistenza .
    Rowe non critica il concetto di causa, bensì il fatto stesso che il PRS sia un principio ragionevolmente stringente per chiunque vi rifletta, e quindi essendo la base di ogni argomento cosmologico (vedremo che in realtà non è proprio così), gli argomenti cosmologici nella loro integrità non sono necessariamente cogenti. Certo, c'è chi riflettendo a riguardo giunge a non poter negare il PRS, e quindi può ragionevolmente accettare gli argomenti cosmologici che da esso discendono. Ma non essendo per Rowe una verità di ragione (come il principio di non-contraddizione, abbr. PNC), impossibile da negare per principio, né una verità di fatto, e quindi accettata implicitamente da tutti, non si può considerare gli argomenti cosmologici come delle dimostrazioni efficaci dell'esistenza di Dio.
    Prima di giungere al nodo della questione vorrei innanzitutto fare una parentesi epistemologica, per capire la base degli argomenti cosmologici, poi vedremo la critica ad essi, e successivamente potremo fare una proposta di sintesi tramite il pensiero di un autore italiano, Gustavo Bontadini.


    Deduttivismo e induttivismo


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    Last Post by Sesbassar il 28 Oct. 2015
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  2. Affondi spirituali: "Teologia naturale e invenzione dell'Anticristo"
    L'astio di un certo protestantesimo è giustificato?

    Introduzione


    Come sempre non so se sono il solo, ma a me capita spesso di imbattermi in discussioni di carattere teologico/filosofico. Forse perché, abbastanza ovviamente, ci si circonda di persone con i propri interessi. Fatto sta che una delle discussioni più gettonate sia il rifiuto della filosofia da parte di alcuni protestanti. Come vi dirò successivamente, non penso sia un rifiuto che vale per tutti i protestanti (anche perché dire "protestanti" significa tutto e nulla, date le infinite denominazioni che si rifanno alla Riforma di Lutero, Calvino ecc.ecc.). Però vale per alcuni protestanti, soprattutto i cosiddetti fondamentalisti.

    Petitio principii e il senso della teologia naturale


    Vedete cari amici, il motivo per cui nel cattolicesimo (ma non solo) si dà tanto valore alla teologia naturale, non è di ordine ideologico. Nè alla Chiesa Cattolica, nè a qualsiasi altro difensore dei classici argomenti sull'esistenza di Dio (ce ne sono diversi infatti che cattolici non sono), interessa affermare che la ragione umana può da sola giungere a scoprire l'esistenza di Dio, tanto per aumentare l'autostima dei filosofi, o per speculare in modo fine a sè stesso.
    Alla voce petitio principii di Wikipedia come esempio classico di questa particolare fallacia viene utilizzato infatti proprio qualcosa che ci riguarda da vicino, e dal quale la teologia naturale vuole porre al sicuro: "i testi religiosi XYZ sono veri in quanto rivelati dalla divinità, che sappiamo esistere in quanto ce lo dicono in modo veritiero i testi religiosi XYZ".
    Senza l'ausilio della ragione filosofica la credibilità della religione risiede unicamente nell'adesione fideistica ai testi sacri. Il passo verso il fondamentalismo sentimentalista è breve, e spesso varcato. Non è un caso infatti che oltreoceano diversi filosofi cristiani non cattolici si siano specializzati nel campo di ricerca della teologia naturale: e.g. William Lane Craig, Arvin Plantinga e Richard Swinburne, per citare i più famosi e influenti, sono tutti di estrazione acattolica (il primo è un evangelical, il secondo è calvinista, il terzo è ortodosso).

    La classica avversione del prostantesimo fondamentalista (non di tutti i protestantesimi, attenzione!) nei confronti della filosofia è basata sull'accezione più estrema del principio luterano de...

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    Last Post by Sesbassar il 10 July 2015
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  3. La Parola dietro le parole

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    «Dio è in queste chiavi e tonalità»
    Machine Head, Darkness Within


    Partiamo da questo verso per iniziare la nostra riflessione. Che la musica per la nostra cultura ebraico-cristiana sia una forma di teologia possiamo dedurlo dal fatto che nella stessa Scrittura è presente un intero libro composto di soli canti (con tanto di indicazioni per i musicisti!).
    Da tempo immemore il popolo ebraico ha cantato il proprio rapporto con il Signore, e nel cristianesimo abbiamo attinto da questa storia facendo del canto una delle forme artistiche che vengono utilizzate durante le celebrazioni.
    Quello che più mi preme notare è però come anche nelle parole profane si nasconda una voce che può stimolare alla fede, e qui la citazione che ho scelto è più che adatta: nella canzone dalla quale è stata tratta non ha il significato che le sto dando io ora, poiché nella canzone si parla della musica come salvatrice. Io invece uso questa citazione per portarla a sostegno del fatto che il Salvatore si mostra nella musica.
    Non è un caso che i Machine Head riconoscano nella musica una funzione salvifica, e a mio modo di vedere se la musica ha tale funzione è proprio perché in essa si nasconde un messaggio di bellezza, armonia, elevazione spirituale, che arriva dritto alla nostra coscienza partendo proprio dalla immensa sorgente creativa che è il Creatore.
    «La fede cristiana non si accontenta del dejà vu, di quanto d’ovvio e scontato si respira negli ambienti religiosi. È capacità di vedere oltre, di andare oltre» dice Adolfo Russo, centrando, a mio modo di vedere il cuore della questione: essere cristiani non significa far parte di movimenti/partiti/associazioni che hanno la preoccupazione di dimostrare di essere cristiane, bensì è dare uno sguardo sempre nuovo al mondo.
    È tale “sguardo” che permette di re-interpretare in modo religioso delle parole altrimenti profane: perché in tale “profanità” (non profanazione eh!) si riconosce invece una profonda religiosità. Profonda perché se la “profanità” attinge da ciò che è più propriamente umano, non può non toccare ciò che è universale, e non può non giungere alla Sorgente. Teniamo conto che un altro intero libro della Bibbia è stato riconosciuto come ispirato, eppure non nomina mai Dio, il Cantico dei Cantici. Dire però che in quel libro non si parla mai di Dio sarebbe un’affermazione ben più temeraria, e indifendibile.
    Se possiamo “vedere oltre” all’apparenza possiamo vedere in queste parole (o suoni) la Parola di Chi ci interpella attraverso il nostro simile, e ci chiede di rivedere continuamente l’idea che abbiamo di lui, di noi, e di Lui.

    L’Apostolo rimprovera ai pagani (passatemi il termine generico) proprio di non aver saputo cogliere ciò che c’è di divino nella creazione, senza confonderla con il Creatore: «ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manife...

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    Last Post by Sesbassar il 4 July 2013
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  4. L'arte: una forma di teologia naturale?

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    Tanti artisti hanno solcato la terra del nostro pianeta. Alcuni hanno raggiunto una fama mondiale in vita, altri hanno dovuto aspettare la morte. Alcuni mecenati lungimiranti hanno finanziato artisti che hanno composto pezzi di storia dell'umanità, lasciandoci dei frammenti incomparabili di grandezza non solo artistica, ma anche spirituale. Come dimenticare che Bach firmava le sue partiture "soli Deo gloria"?
    L'arte ha un potenziale espressivo ineguaglibile, se attinge dal deposito di emozioni universali, che appartengono ad ogni uomo e donna che abbia vissuto e che vive. Per la sua capacità di essere a suo modo oggettiva, anche l'arte è una forma di conoscenza della Verità, e del Dio che si propone come la Verità.
    Certo, l'oggettività dell'arte non è un'oggettività scientifica, ma chi non prova angoscia osservando (non solo vedendo di sfuggita) l'"Urlo" di Munch?
    E' a questo livello che si situa l'oggettività dell'arte, al livello delle emozioni che riesce a suscitare: diverse modalità di espressione per ogni essere umano, ma medesime sensazioni.
    Come l'essere umano riesce a rimanere basito di fronte alle meraviglie della natura, che lascerebbero interdetta ogni persona sufficientemente attenta a cosa sta osservando, e come tale natura ha una sua sacramentalità (in quanto segno visibile creato della realtà invisibile increata), anche l'arte ha il suo potenziale sacramentale.
    Il popolo ebraico lo aveva ben capito, quando suonava e cantava i suoi inni e salmi al Tempio. Il cristianesimo ha attinto da questa tradizione, e l'ha riproposta a suo modo.
    Perchè ha sempre avuto chiaro, anche se forse a livello inconscio, che è il Cristo Cosmico (tanto caro a Teilhard de Chardin, e Raimon Panikkar) a rivelarsi attraverso alla natura creata, perchè mediante Lui (il Verbo divino, il Logos giovanneo) tutte le cose sono state (e sono) create.
    Lo stesso sentimento di meraviglia e stupore suscitato da un panorama mozzafiato, è suscitato da un'opera d'arte composta volendo esprimere l'"universale", ciò-che-appartiene-a-tutti-noi, ed è altrettanto intimamente connessa all'aletheia che i filosofi occidentali ricercano incessantemente da più di 2500 anni.
    Quanto però stimoliamo i giovani artisti alla ricerca dell'universale? Non è la nostra era talmente individualista da portare l'artista a ricercare soltanto il godimento personale nel compiere la sua opera, piuttosto che la ricerca dentro di sè di ciò che è di, e per, tutti?
    Negli istituti d'arte, e nelle accademie viene insegnata l'introspezione? Quella stessa introspezione che ci dà uno sguardo che riesce a penetrare il futile e giungere all'essenziale?
    La vera povertà culturale che stiamo attraversando non è una povertà di talento artistico, ma è la povertà della disponibilità a mettere tale talento a disposizione di tutti, per poter far vivere l'e...

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    Last Post by Sesbassar il 17 May 2010
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